Un tempo via Ghibellina si chiamava via del Palagio perché iniziava dall’edificio più antico di Firenze, il Bargello; il nome attuale le venne dato più tardi, riprendendolo da quello di una porta che nel 1261 era stata ricavata nelle antiche mura e battezzata Ghibellina in onore dei vincitori di Montaperti.
Nella seconda metà del Quattrocento i Salviati si fecero costruire a metà della strada un palazzo che due secoli dopo venne modificato da Gherardo Silvani, architetto di gran valore.
Dalle nozze di Anna Maria Salviati con il principe romano Marcantonio IV Borghese, nella seconda metà del Settecento, nacque Camillo Borghese, che abitò nella dimora materna e nel 1803 vi portò sposa la sorella di Napoleone. Paolina Bonaparte era bellissima, ma il matrimonio non resse a lungo, e ancor meno durò la permanenza dei principi a Firenze.
Il principe Camillo vi tornò stabilmente da solo dopo il crollo dell’impero napoleonico, e fu il granduca Ferdinando III di Lorena che gli suggerì di dare un più maestoso aspetto al vecchio palazzo di famiglia. L’incarico fu affidato al giovane ma promettente architetto Gaetano Baccani, che assunse l’impegno – mantenuto con qualche giorno di anticipo di finire il lavoro in soli sei mesi. Nasceva così a Firenze uno dei più cospicui esempi locali di architettura neoclassica, anche se le bugne in pietra forte che rivestono la facciata del palazzo fino all’altezza del primo piano appaiono un evidente richiamo al gusto rinascimentale. L’anno dopo Paolina si riconciliava con Camillo, tornando ad abitare nel rinnovato edificio. Vent’anni dopo, già scomparsi da tempo Paolina e Camillo, il palazzo passa di mano, mantenendo però nel nome il ricordo del principe Borghese. Cambia invece destinazione: non più dimora privata ma circolo della buona società fiorentina.
I saloni del piano nobile, affrescati e decorati con fregi e fastosi lampadari in legno dorato, diventarono, e sono tuttora, sede di feste e ricevimenti. Dopo aver ospitato il circolo della stampa e poi quelli degli scacchi e del bridge, oggi Palazzo Borghese è anche sede del Rotary Club di Firenze.
Se gli arredi danno a quei saloni un aspetto di secondo Ottocento, il piano terra rispecchia ancora l’aspetto neoclassico impressogli dal Baccani, cominciando dai pilastri marmorei che scandiscono la facciata dell’edificio. Erano otto, ma uno venne divelto e trascinato chissà dove dall’Arno durante l’alluvione del 1966.
Ai lati dell’androne, un tempo destinato al passaggio delle carrozze che entravano da via Ghibellina e uscivano su via de’Pandolfini, dominano due statue di antichi egizi, probabilmente eseguite negli anni in cui le vittorie napoleoniche nella terra dei faraoni avevano diffuso anche a Firenze lo stile Retour d’Egypte.
Le tre sculture di marmo collocate nel vestibolo dell’androne – dove un tempo sorgeva il cortile – rappresentano invece personaggi dell’Olimpo greco-romano. Si tratta di copie dall’antico, ma se ne ignorano gli autori e epoca.
Alcuni le fanno risalire al Cinque-Seicento, altri le collocano all’epoca del Baccani. La scultura più interessante è quella centrale, raffigurante Venere al bagno, posta su un piedistallo ornato con teste leonine che un tempo gettavano acqua.
Ma in quale vasca? Sono domande che pur non avendo ancora avuto risposta nulla tolgono al fascino del palazzo per il suo aspetto e per la memoria storica dei personaggi che ne hanno percorso gli ambienti, a cominciare dal Salone degli specchi che ospitò i sonni della sorella prediletta dell’imperatore dei francesi.