L'Universo Oscuro, conversazione con il Prof. Claudio Chiuderi.

Immagine Principale Evento

Questa conversazione è una specie di catalogo della nostra ignoranza. Ed è quindi una lezione di umiltà. Via via che la sfera luminosa che rappresenta le nostre conoscenze si espande, la superficie di contatto con il buio dell’ignoranza che la circonda aumenta. Il numero dei problemi irrisolti è sempre maggiore di quelli risolti. Se proprio vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, possiamo consolarci pensando che le prossime generazioni di ricercatori non rimarranno senza lavoro! Cominciamo col guardare il cielo, non quello torbido che si vede dalle nostre finestre, ma quello di alta montagna o quello dei deserti. Quel che vediamo è un’infinità di stelle su uno sfondo sostanzialmente nero. E gli astronauti, la cui visuale è del tutto libera dall’impedimento dell’atmosfera si rendono ancor più conto che il cielo è nero. Vuol dire che, stelle a parte, l’Universo è vuoto? No, semplicemente non è luminoso. E non è l’effetto del fatto che l’occhio umano è sensibile solo a una piccola parte dell’insieme di radiazioni che possono essere emesse dai corpi celesti. Possiamo sostituire i nostri occhi, con altri "occhi", cioè con strumenti che sono sensibili ad altre radiazioni: occhi che vedono nelle onde radio, nell’infrarosso, nei raggi X, nei raggi gamma. Radiazioni tutte facenti parte della famiglia delle onde elettromagnetiche e che, d’ora in poi, indicherò collettivamente con il termine "luce". Ci sono poi le informazioni che ci giungono sotto forma di particelle, raggi cosmici e neutrini, a cui recentemente si sono aggiunte anche le onde gravitazionali. Il risultato tuttavia non cambia: la maggior parte del cielo è nero. E ancora una volta ci poniamo la domanda: dove non si "vede" nulla non c’è materia? Per molto tempo si è pensato che fosse così. Oggi sappiamo che non è vero. Vediamo come ci siamo arrivati. Le domande a cui bisogna rispondere sono: «Quanta "roba" c’è là fuori ?» e «Di cosa è fatta questa "roba"?». Cominciamo dalla materia luminosa. Le sorgenti luminose più intense sono corpi massicci, anche se si può rivelare l’emissione da parte di materia diffusa. Gli elementi di base sono le stelle, sfere di gas compresso a densità altissime. Le stelle posso- no assembrarsi in gruppi, le galassie. Le galassie, a loro volta, si raggruppano formando ammassi. Questi sistemi comprendono un numero sbalorditivo di membri: una galassia, tipicamente è composta da cento miliardi di stelle, un ammasso di galassie può arrivare a contenerne qualche migliaio, un superammasso fino a decine di migliaia. Sono numeri inimmaginabili, non ci si fa mai l’abitudine. Le osservazioni hanno dimostrato che la luminosità è associata alla massa dei sistemi emittenti: più grande la massa, maggiore la luminosità. Nel corso del tempo si è riusciti a determinare una relazione empirica tra queste due grandezze, la relazione massa- luminosità, appunto. Per trovare questa legge bisogna misurare sia la massa che la luminosità dei corpi celesti e, mentre per la luminosità non ci sono particolari problemi, la misura della massa non è semplice ed è soggetta ad errori, già nel caso delle stelle. La situazione peggiora con le galassie e con gli ammassi. Quindi, la relazione massa-luminosità va usata con cautela. Ad ogni modo, essa permette di stimare, con una certa approssimazione, la massa totale dell’universo osservabile, il suo valore non ha qui importanza. Il guaio è che questo valore è troppo piccolo, così piccolo che non si può pensare che sia l’effetto degli errori a cui si accennava sopra. Ma perché giudichiamo che sia troppo piccolo? Perché abbia- mo un altro metodo che permette una stima delle masse dei corpi celesti, indipendente dalla loro luminosità, fornitoci dalla Legge di Gravitazione Universale. Che ci dice che due corpi si attraggono tra loro come il prodotto delle masse: maggiori le masse, maggiore la forza di attrazione. Questa legge, formulata da New- ton più di tre secoli fa, determina il moto dei corpi celesti e si può intuire che dalla misura di questi moti si possa risalire al- la massa che li determina. Uno straordinario esempio di calcoli di questo genere ci è dato dallo studio dei moti delle stelle che passano molto vicino al centro della Galassia. Vent’anni di osservazioni hanno permesso di calcolarne le orbite e di stimare il valore della massa che li determina. Si tratta di un buco nero gigantesco di massa pari a 4 milioni di volte quella del Sole. Storicamente, una prima indicazione dell’esistenza della materia oscura è venuta dallo studio dei moti di rotazione delle stelle che fanno parte di una galassia a spirale. Se si suppone che tutta la massa sia concentrata nella parte centrale della galassia stessa, il nucleo, la legge di gravitazione impone che la velocità di rotazione delle stelle più esterne diminuisca bruscamente quando la distanza dal centro galattico supera le dimensioni della distribuzione di massa. Ma le osservazioni dimostrano il contrario: la velocità di rotazione rimane costante a distanze dal centro ben maggiori delle dimensioni del nucleo centrale. Per giustificare l’andamento della curva di rotazione bisogne- rebbe che ci fosse una massa maggiore: è il problema della "mas- sa mancante" noto fin dagli anni trenta del secolo scorso. La massa mancante ci deve essere, ma non la vediamo. La situazione si ripresenta su scala maggiore quando andiamo a studiare gli ammassi di galassie. Anche qui il moto delle galassie alla periferia dell’ammasso non può essere spiegato dalla massa cumulati- va delle galassie luminose: ci dev’essere della materia invisibile, oscura ma trasparente Una delle più spettacolari conferme dell’esistenza della materia oscura viene dall’effetto "lente gravitazionale", uno dei trionfi del- la teoria della Relatività Generale. In breve, si tratta di questo. Einstein aveva predetto che la presenza di una massa provoca la deflessione della luce, un po’ come fa, appunto, una lente. Le verifica di questo effetto durante un’eclisse di Sole, pochi anni dopo la formulazione della teoria, è stata la prima conferma della validità della teoria stessa. L’effetto lente è presente anche a livello cosmico: se la luce proveniente da una sorgente remota, incontra una galassia (o anche un ammasso di galassie), i vari raggi luminosi vengono deviati in maniera diversa dalle masse che si interpongono al loro cammino. Può accadere che i raggi deviati convergano nel punto dove è situato un osservatore. Ogni raggio è un’immagine della sorgente lontana, ma l’osservatore, a causa delle diverse deviazioni, vedrà queste immagini in punti diversi. Un caso particolarmente notevole è quello della cosiddetta "Croce di Einstein". Anche la materia oscura può essere causa dell’effetto lente. Le deviazioni sono minori e infatti si parla di microlensing. Sono stati osservati molti casi in cui non è possibile identificare la massa che agisce da lente, ma l’effetto c’è e quindi ci deve essere anche la massa-lente. Solo che è formata da materia oscura. Passiamo alla seconda domanda: di cosa è fatta la materia oscura? Per cercare di trovare una risposta l’ingegno e la fantasia degli astrofisici si sono scatenati. Gran parte delle proposte si sono rivelate incapaci di spiegare uno o l’altro degli aspetti osservativi. Per esempio si è visto che non può trattarsi di oggetti stellari ordinari che per un motivo o per l’altro non emettono luce o, se la emettono, è talmente de- bole da non essere rivelata. Si è poi pensato a un’altra classe di candidati:  le particelle elementari,  note o ipotizzabili in ba- se alle nostre attuali conoscenze. Attualmente i candidati che si ritengono più probabili sono delle ipotetiche particelle di gran- de massa che interagiscono assai debolmente con tutto il resto, che vengono chiamati WIMPs (Weakly Interacting Massive Parti- cles), parola che in inglese suona ridicola perché wimp significa "buono a nulla" o "imbranato"! La caratteristica principale delle WIMPs, che non fanno parte del modello di particelle elementari generalmente accettato e non sono state osservate, è quella di interagire solo gravitazionalmente. Come vedremo in seguito, la loro ipotetica presenza sembra tuttavia essere essenziale per la costruzione di modelli cosmologici accettabili. Un approccio alternativo è stato quello di cercare di modificare la Teoria della Relatività Generale su scala cosmica in modo da reinterpretare i dati senza la necessità di postulare l’esistenza di una materia oscura e sconosciuta. Anche questi tentativi però non hanno dato esiti soddisfacenti. La materia oscura e la sua natura rimangono, appunto, oscure! Abbiamo visto che la materia oscura con ogni probabilità esiste e ci possiamo chiedere se è o meno una componente impor- tante nel bilancio totale della massa dell’intero Universo. Come vedremo l’insieme della materia "ordinaria" e della materia oscura, costituisce solo il 30% del totale.  E il resto?  Per rispondere a questa domanda bisogna prima fare una breve digressione sui modelli cosmologici. È possibile costruire una teoria che sia in grado di descrivere l’intero universo? Deve necessariamente trattarsi di una teoria della gravità, perché le interazioni gravitazionali sono le uniche in grado di far sentire i loro effetti su scala cosmica. La miglior teoria della gravità che abbiamo oggi a disposizione è la Teoria della Relatività Generale (RG), formulata da Albert Einstein poco più di cento anni fa. Questa teoria ingloba e generalizza la prece- dente teoria newtoniana. Gli effetti della RG sono generalmente molto piccoli sulla scala del laboratorio e appena maggiori sul- la scala del Sistema Solare. Tuttavia, con l’avvento di strumenti sempre più sensibili, è stato possibile verificare tutte le previsioni della RG in questi ambiti. Per inciso, non si deve credere che gli effetti della RG non abbiano un interesse pratico: I sistemi GPS, che usiamo abitualmente con i navigatori installati sulle automobili, non darebbero informazioni attendibili se non si tenesse conto della RG! Quando però si passa alla cosmologia, le cose si complicano. Per prima cosa si deve supporre che le leggi della fisica, testate nei laboratori terrestri e nel Sistema Solare, valgano anche su scale enormemente più grandi. Peggio ancora: che valgano anche nel- la parte di Universo che non vediamo, perché i modelli cosmo- logici riguardano la totalità dell’Universo, quindi anche quello inaccessibile all’osservazione. Un’ipotesi inevitabile, se le leggi sono diverse non possiamo costruire nessun modello:  esiste un solo modo di essere uguali e infiniti modi di essere diversi. In tutti i modelli cosmologici, poi, si assume che valga l’equivalenza tra massa ed energia, espressa dalla celebre formula E = mc2. Questo significa che la quantità di cui dobbiamo tener conto non è soltanto la massa,  ma anche l’energia,  in qualunque forma essa si presenti. Il modello cosmologico più accreditato al giorno d’oggi. il cosiddetto Modello Standard, ipotizza inoltre che la materia, o meglio la materia-energia, siano distribuite uniformemente. Questa ipotesi sembra essere in aperta contraddizione con le caratteristiche dell’universo osservato, in cui zone luminose si alternano a grandi spazi oscuri (il cielo è nero, ricordate?). In realtà questa ipotesi, che è chiaramente un’ipotesi semplificatrice,  non è co- sì assurda: la materia oscura, che è dominante rispetto a quella luminosa, potrebbe essere distribuita uniformemente, le condensazioni luminose sarebbero semplicemente delle increspature di una distribuzione uniforme. Questa ipotesi è stata confermata dalle simulazioni numeriche dell’evoluzione dell’universo che si sono succedute negli ultimi vent’anni. Il Modello Standard si basa sulla Relatività Generale, sulle osservazioni sempre più precise che si sono accumulate soprattutto negli ultimi trent’anni e su una serie di sofisticatissime simulazioni numeriche ottenute utilizzando i più grandi calcolatori esistenti. In queste simulazioni si segue la dinamica di un numero enorme di particelle, maggiore di 10 miliardi, sotto l’azione della gravità. È presente un certo numero di parametri che debbono essere variati in modo da riprodurre i risultati osservativi. I risultai salienti sono:

  • L’universo ha origine da uno stato estremamente denso e caldo che si espande con estrema rapidità (Big Bang). L’uni- verso è quasi perfettamente omogeneo ed è composto da radiazione e materia primordiale (particelle elementari e sub- elementari)
  • La diminuzione della temperatura blocca questo processo dopo pochi minuti. Gli elementi più pesanti si formeranno all’interno delle stelle, dopo che l’evoluzione cosmica con- sentirà la loro formazione.alla fine dello stadio di espansione rapidissima (inflazione), questa rallenta, mentre la temperatura e la densità calano. Questo permette la formazione dei nuclei degli elementi più semplici: idrogeno, elio e minime quantità di altri elementi leggeri (nucleosintesi primordiale).
  • Dopo circa un miliardo di anni cominciano a formarsi le galassie e successivamente le stelle.
  • La velocità di espansione dell’universo varia col tempo. Alla fase di inflazione segue un periodo di espansione rallentata che copre buona parte della vita dell’universo. Poi l’anda- mento si inverte (circa 4 miliardi di anni fa) e l’espansione accelera.

Il Modello Standard è in grado di render conto di tutte le osservazioni finora effettuate. Infatti, anche il fatto che l’espansione sta accelerando ha ricevuto convincenti conferme osservative negli ultimi anni. Per questo motivo viene anche chiamato Consensus Model, cioè Modello Consensuale. Il modello predice la formazione di strutture simili a quelle os- servate, nelle epoche già note della loro formazione. Per ottenere questo risultato bisogna supporre che esista la materia oscura, e che questa sia "fredda", cioè che le particelle che la costituisco- no si muovano abbastanza lentamente. Ma questo non basta. Infatti, le teoria della RG applicata alla cosmologia impone che esista una relazione particolarmente semplice tra le densità di materia-energia delle varie componenti che contribuiscono alla struttura dell’Universo, misurate adesso: Ωml + Ωmo + Ωrad + ΩK + ΩX = 1 dove i simboli Ω sono delle misure delle densità delle singole componenti.  Ωml rappresenta la densità della materia lumino- sa, Ωmo quella della materia oscura, Ωrad quella della radiazione. ΩK è una quantità legata alla curvatura dello spazio-tempo e ΩX rappresenta tutte le altre densità di materia-energia di cui non sappiamo l’origine. Qui intervengono le osservazioni, che ci dicono che Ωrad è assolutamente trascurabile e che ΩK = 0. Ωml vale circa 0,05 e Ωmo circa 0,25. Come si vede per arrivare a una somma pari a uno bisogna necessariamente supporre che esista un Ω(X) 0, 70! A questa componente misteriosa è stato dato il nome di energia oscura.Qui intervengono le osservazioni, che ci dicono che Ωrad è assolutamente trascurabile e che ΩK = 0. Ωml vale circa 0,05 e Ωmo circa 0,25. Come si vede per arrivare a una somma pari a uno bisogna necessariamente supporre che esista un Ω(X) 0, 70! Esiste il modo di inglobare l’energia oscura nella teoria del- la RG? Sì, in maniera semplice, prevista da Einstein, anche se per altri scopi (quando Einstein è morto non si sospettava nep- pure l’esistenza dell’energia oscura). Si tratta semplicemente di aggiungere un termine alla forma originaria delle equazioni di Einstein che contiene una costante, di valore incognito, che vie- ne solitamente indicata con la lettera greca Λ, la cui presenza causa un’accelerazione dell’espansione. Riassumendo, il Modello Standard contiene sia materia luminosa che materia oscura fredda, oltre a energia oscura rappresenta- ta dalla costante Λ. Tale modello viene chiamato anche "CDMΛ" - le iniziali di Cold Dark Matter + Λ. È evidente che questo modello presenta numerosi problemi: la natura dell’energia oscura, la spiegazione del perchè tale energia abbia fatto sentire il suo peso solo a partire da un certo momento nella storia evolutiva dell’Universo per diventare poi addirittura la componente più importante, la natura delle particelle che com- pongono la materia oscura. Inoltre non sappiamo quale valore dare alla costante Λ. Le osservazioni suggeriscono un certo va- lore, ma considerazioni teoriche producono un valore miliardi di miliardi di volte maggiore. Al momento attuale c’è un gran fervore di ricerca per cercare di risolvere questi problemi. Personalmente ritengo che almeno una parte di essi derivi dall’aver imposto la validità delle nostre leggi fisiche in un ambito ben più grande di quello in cui sono state verificate. Spero di avervi illustrato come la cosmologia, una delle più temerarie sfide intellettuali che siano mai state affrontate, sia un argomento in continuo divenire. Chi fra dieci anni vi parlerà di cosmologia probabilmente presenterà una narrazione completa- mente diversa.