INCENDIO E RICOSTRUZIONE DI NOTRE DAME DE PARIS.

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15 aprile 2019 L’incendio di Notre Dame si è sviluppato nella serata del 15 aprile 2019 e ha portato alla perdita totale delle coperture della navata centrale, del transetto e del coro e al crollo di tre porzioni delle volte, tra le quali l’intera crociera centrale sopra l’altare. I crolli delle volte (di spessore da 15 a 20 cm) sono stati prodotti dall’impatto causato dalla caduta della fléche spezzata in due parti e da quello prodotto da alcune capriate del transetto. Tutta l’orditura lignea è andata perduta e le pietre delle strutture murarie sopra le volte, comprese quelle dell’estradosso delle volte stesse, sono state danneggiate dal fuoco. Sopra i tetti era presente un grande ponteggio in tubolari di ferro che avrebbe dovuto essere la base per il restauro della fléche. Non sembra che vi sia una relazione tra la presenza del cantiere e l’incendio, perché le operazioni in corso erano solo di montaggio del ponteggio e non erano attive  lavorazioni “a caldo”. Probabilmente l’incendio ha avuto come causa un cortocircuito nell’impianto elettrico delle campane. Il ponteggio è stato gravemente danneggiato e instabilizzato dalle alte temperature (certamente superiori agli 800°), ma fortunatamente non è crollato, perché, altrimenti, avrebbe certamente trascinato nel crollo i vicini archi rampanti e buona parte della cattedrale. Le immagini mostrano la situazione della Cattedrale il primo di maggio quando mi sono recato per la prima volta nel cantiere, su richiesta dell’Architecte en Chef di Notre dame, per conto del Ministero della Cultura, per occuparmi delle problematiche di stabilità delle antiche strutture in muratura. Se le strutture di legno erano completamente perdute e nuove strutture per la copertura sarebbero state chiaramente necessarie, le maggiori difficoltà erano proprio legate alla situazione delle pietre danneggiate, che non avrebbero potuto essere interamente sostituite senza inaccettabili alterazioni del monumento. Immagini della situazione di Notre Dame il primo maggio 2019 Gli interventi di messa in sicurezza I lavori di messa in sicurezza, di restauro e ricostruzione sono stati affidati dal Ministero a un team coordinato dall’Architecte en Chef di Notre Dame, Philippe Villeneuve, e composto da due Architectes en Chef de Monuments Historiques (ACMH) Rémi Fromont e Pascal Prunet, con la collaborazione per le strutture dell’ing. Mathias Fanthin e del sottoscritto. Ritengo che il fatto che sia stato chiamato un architetto italiano a collaborare per la ricostruzione di Notre Dame, se pure nome già noto al Ministero per il consolidamento del Panthéon di Parigi, sia un riconoscimento delle esperienze dei tecnici italiani nel campo della stabilità delle strutture antiche e per la loro protezione da eventi traumatici come i terremoti. I primi lavori sono stati quelli di pulizia dalle macerie, di protezione dalla pioggia, di consolidamento dei pignons, di rimozione delle parti pericolanti, di installazione di un sistema di monitoraggio e soprattutto di rinforzo delle strutture più a rischio, in particolare gli archi rampanti eccezionalmente snelli in Notre Dame e ormai spingenti a vuoto contro le parti di volta crollate. Il crollo delle volte aveva infatti alterato il precario equilibrio caratteristico delle Cattedrali gotiche nelle quali la spinta delle volte è equilibrata dalla controspinta degli archi rampanti, a loro volta stabilizzati dai pesanti contrafforti. La posa in opera delle centine degli archi rampanti è stata una operazione di estrema precisione e ad alto rischio. Schema dell’equilibrio delle cattedrali gotiche e immagini della posa in opera delle centine degli archi rampanti Tutte i lavori effettuati ad oggi sono comunque risultati di notevole complessità per due ragioni: la presenza di polveri di piombo che hanno imposto agli operai di lavorare con tute e maschere e il rischio di ulteriori crolli che ha imposto di lavorare appesi a funi. Difficoltà operative a causa delle polveri di piombo e della precarietà delle strutture Le indagini Durante il primo anno dopo l’incendio sono state effettuate numerose analisi sui danni prodotti dall’incendio alle pietre delle strutture verticali e delle volte; inoltre è stata studiata la stabilità di tutte le strutture della Cattedrale nelle situazioni prima dei crolli e dopo i crolli. I moderni calcoli hanno permesso di stabilire come le strutture murarie medievali fossero state progettate in modo perfetto, con le dimensioni esattamente necessarie per avere nelle murature una uniformità di stati tensionali compatibili con la resistenza delle murature! Una eccezionale perizia nell’utilizzare al massimo le capacità offerte dai materiali dell’epoca senza calcoli strutturali, ma in base all’esperienza millenaria, a semplici valutazioni sull’equilibrio e alla scomposizione delle forze. Non possiamo che rimanere ammirati e riflettere sulla presunta supremazia degli strumenti oggi disponibili per l’analisi delle strutture murarie rispetto alle regole dell’empirismo che hanno permesso la costruzione di simili manufatti. Lo stesso risultato positivo sulle capacità di resistenza delle strutture antiche è stato ottenuto calcolando le strutture lignee delle coperture e della fléche, che sono risultate perfettamente adeguate ai carichi che oggi sono prescritti e alle attuali norme tecniche. Una indagine sulla spinta del vento, con prove in “galleria del vento” sono comunque in corso. Modelli numerici delle strutture murarie e delle strutture lignee Una delle operazioni più complesse di messa in sicurezza è stato lo smontaggio del grande ponteggio, in parte fuso e deformato, presente al momento dell’incendio. Per smontare il ponteggio è stato necessario prima stabilizzarlo con l’aggiunta di cerchiature e poi tagliarlo in parti allontanate grazie alla presenza di una grande gru alta circa 100 metri. Lo smontaggio è terminato nel dicembre scorso. I lavori di ricostruzione Terminato lo smontaggio del ponteggio pericolante è finalmente iniziata, praticamente dall’inizio del 2021, la vera e propria fase di ricostruzione. Attualmente è in corso il montaggio dei ponteggi interni nella navata, nel coro e nel transetto, prima impossibile per i rischi dovuti alla presenza del vecchio ponteggio e delle volte pericolanti. I ponteggi interni e le centine sotto le volte permetteranno il consolidamento e la ricostruzione delle volte, oltre alla ricostruzione della fléche. La specifica Commissione del Ministero della Cultura ha stabilito che le coperture saranno ricostruite come erano, con struttura in legno. Tale soluzione è suggerita da varie considerazioni. Certamente c’è il desiderio di riprodurre le vecchie strutture, ma c’è anche la consapevolezza, grazie alla sperimentazione secolare,  che le vecchie strutture hanno offerto nei secoli un comportamento positivo, cosa confermata dai calcoli moderni. Ma esiste anche un’altra ragione che conforta nella scelta di ricostruire le strutture lignee come erano: il fatto di disporre di un rilievo estremamente accurato di tutte le strutture dei tetti e della fléche realizzato,  pochi anni prima dell’incendio, l’architetto Rémi Fromont. Possiamo dire che abbiamo a disposizione il “progetto” delle strutture lignee medievali e di quelle di Violet Le Duc del XIX secolo. Perché non utilizzare tale progetto e perché sostituirlo con un progetto attuale, eventualmente con materiali diversi, che non avrebbe comunque la validazione dei secoli? Se esaminiamo le immagini delle vecchie strutture perdute o quelle sempre di Violet Le Duc per le due fléches della Cattedrale di Clermont Ferrant (sulla quale ugualmente stiamo lavorando) non possiamo fare a meno di ammirare la colossale opera d’arte costruttiva che tali strutture lignee rappresentano e comprendere come sia desiderio del Ministero riprodurre tali opere in copia, disponendo del progetto dettagliato. Le strutture di sostegno del tetto e un esempio dei rilievi di Rémi Fromont Le colossali strutture di sostegno delle fléche prima dell’incendio, il modello fisico realizzato prima dell’incendio e il moderno modello numerico di calcolo. Le guglie della Cattedrale di Clermont-Ferrand, interamente realizzate da Violet Le Duc nel XIX secolo. La struttura della guglia di Notre Dame aveva una struttura simile. Per quanto riguarda la questione della ricostruzione della guglia à l’identique e del valore della guglia ottocentesca di Violet le Duc, questione oggi di grande interesse mediatico, mi ha stupito il fatto che alcuni noti storici dell’arte, se pure noti polemisti, abbiano fatto dichiarazioni di disprezzo di tale opera in quanto non medievale, come se un’opera realizzata nel XIX secolo non potesse essere un’opera d’arte. In realtà una guglia medievale era presente sopra Notre Dame fino alla seconda metà del XVIII secolo, quando venne smontata in quanto le strutture lignee erano in parte marcite, con l’intenzione di ricostruirla rapidamente. Poi la Rivoluzione francese e le burrascose vicende seguenti hanno ritardato la ricostruzione alla metà del XIX secolo. A quel punto, se Violet Le Duc avesse ricostruito la fléche come era quella originaria sarebbe stato accusato dai nostri accademici contemporanei di aver fatto un falso storico, se invece l’avesse ricostruita, come ha fatto, realizzando un suo progetto, sarebbe stato accusato, come avvenuto puntualmente, di aver fatto una spregevole superfetazione (altro termine inutilmente sgradevole). Bene ha fatto, secondo me, a realizzare una sua personale e ardita opera d’architettura, che oggi probabilmente sarà ricostruita com’era, in quanto ormai simbolo di una cattedrale e di una città. La questione di come ricostruire monumenti perduti, se à l’identique o secondo progetti contemporanei, è ormai dibattuta da secoli con ragioni condivisibili per ogni soluzione, ma non è questo il posto per incrementare tale discussione. Personalmente ritengo che i fondamentalismi, sia quelli a favore delle ricostruzioni “com’era e dov’era”, sia quelli per le ricostruzioni in modo contemporaneo, siano fuori luogo e che ogni problema abbia una sua soluzione che è la migliore in relazione ai tempi della ricostruzione, alle cause e alle dimensioni dei crolli, al valore architettonico, storico e sociale di un opera, al desiderio dei cittadini (spesso disprezzato dagli accademici) e alle documentazioni disponibili. Abbiamo dimostrazioni valide per ogni posizione teorica e, in ogni caso, anche una ricostruzione à l’identique sarà sempre diversa dall’originale, non sarà mai banale se ben fatta e sarà sempre un compromesso, come d’altronde lo è ogni intervento di restauro, perché, anche il più conservativo, altera sempre il documento storico. Personalmente ho ricostruito apparentemente “com’era” la volta del Teatro Petruzzelli, in realtà con una struttura lignea totalmente nuova che non è però visibile. Similmente ho ricostruito le volte della Cattedrale di Mirandola dopo il terremoto del 2012, che sono però visibilmente diverse da quelle storiche in muratura, in quanto leggere, staccate dai muri e sospese alle nuove strutture della copertura, ma con una geometria tradizionale in modo da riprodurre “com’era” il ritmo interno e le volumetrie della chiesa. Immagini della struttura di sostegno della nuova cupola del Teatro Petruzzelli di Bari e delle nuove volte leggere della Cattedrale di Mirandola. Come opere famose ottenute applicando opposte teorie, ma da tutti ammirate, possiamo ricordare la nuova cupola del Reichstag di Berlino realizzata da Foster, totalmente diversa da quella storica, e il campanile di San Marco a Venezia, ricostruito com’era dopo il crollo del 1902, o la Fraulenkirken di Dresda, ugualmente ricostruita di recente “come era” dopo violente polemiche. Immagini della cupola del Reichstag di Berlino, totalmente diversa da quella storica, del Campanile di San Marco a Venezia, identico a quello storico, e della Fraulenkirken di Dresda, ugualmente ricostruita di recente “come era”. Per terminare con la nostra città, possiamo infine ricordare il magnifico ponte a Santa Trinita ricostruito da Riccardo Gizdulich e Emilio Brizzi dopo l’ultima guerra: non un falso storico (volgare espressione di un fondamentalismo preconcetto), ma la copia esatta e di qualità di un’opera d’arte (come chiaramente scritto nella grande lapide posta ad una estremità del ponte, che fa giustizia di ogni subdolo intento di falsità). La ricostruzione identica ci permette di godere oggi dal Ponte Vecchio di uno dei più bei panorami di Firenze e credo che nessuno rimpianga la scelta fatta a suo tempo: il ponte a Santa Trinita è infatti certamente il più bel ponte di tutto il percorso dell’Arno e non possiamo essere certi che avremmo potuto affermare la stessa cosa se fosse stato fatto un ponte nuovo.