I Laboratori Nazionali del Gran Sasso

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Abbiamo incontrato il Prof. Alessandro Bettini, Emerito di Fisica dell'Università di Padova ed ex Direttore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), che ci ha parlato di cosa sono i Laboratori, della loro specificità e degli esperimenti che vi si svolgono. Non avendo potuto organizzare causa Covid la visita ai Laboratori del Gran Sasso abbiamo organizzato questa conviviale per conoscere (anche solo via Zoom) tali unici Laboratori e le importanti ricerche che vi si svolgono in attesa di visitarli di persona appena sarà possibile.

 

Alla scoperta dei laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN

I Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell’INFN sono dedicati principalmente allo studio della fisica e astrofisica delle particelle elementari, ricercando fenomeni naturali estremamente rari.
È un approccio complementare a quello dei laboratori che, come il CERN, utilizzano particelle accelerate ad alte energie. Sappiamo infatti che i nostri acceleratori non saranno mai in grado di raggiungere le energie estreme alle quali nuovi aspetti fondamentali della fisica possono manifestarsi. Queste energie esistono in fenomeni naturali, che sono però tanto più rari quanto maggiori esse sono. Per poter osservare segnali rarissimi è necessario realizzare il “silenzio cosmico” in cui i disturbi da fenomeni molto più frequenti siano soppressi. Per analogia, la luce delle stelle non è percepibile di giorno perché offuscata da quella molto più intensa del sole. I LNGS sono stati realizzati a fianco di uno dei tunnel dell’autostrada Roma Teramo sotto il Gran Sasso, sfruttando la copertura di 1400 m di roccia per ridurre di un milione di volte il disturbo dei raggi cosmici. Grazie alla qualità della roccia anche i disturbi della radioattività naturale sono molto ridotti. Il laboratorio, finanziato da un Ente Pubblico italiano, è aperto alla collaborazione internazionale, che ammonta (dati 2018) a 1029 ricercatori (di cui 442 italiani e 5887 stranieri) da 26 Paesi.

Il LNGS è stato concepito e realizzato da A. Zichichi, quando era Presidente dell’INFN. Nel 1978 il fatto che i tunnel autostradali erano in costruzione forniva un’occasione unica per realizzare a fianco di questi le sale del laboratorio. La sua presentazione del progetto al Senato della Repubblica nel 1979 fu accolta con favore dalle maggiori forze politiche, dalla DC al PCI (ma alcuni ambienti dei fisici sia nazionali sia internazionali tentarono di ostacolarlo) e nel 1982 il Parlamento approvò un’apposita legge per il finanziamento all’ANAS. Nel 1987 i lavori ultimavano e la prima installazione sperimentale cominciava ad essere costruita. Questa, chiamata MACRO, iniziò ad operare nel 1989. Il confronto con altri laboratori analoghi mondiali mostra che i costi furono estremamente contenuti, ad esempio tre volte inferiori per unità di volume a quelli del laboratorio canadese SNOLab, realizzato in una miniera operativa. Ancora, e di molto, maggiori sono i costi della scelta degli USA di realizzare il laboratorio in una miniera dismessa.

La figura mostra le tre sale del laboratorio (circa 100 m per 20 m e 20 m di altezza) con le sigle dei dispositivi sperimentali. I maggiori di questi hanno dimensioni dell’ordine di 10-15 m di diametro. Tutti contengono diversi elementi tecnologicamente di avanguardia. Ecco alcuni esempi. Nel 2000 ebbe inizio la realizzazione del progetto CNGS, cioè CERN Neutrinos to Gran Sasso, nel quale un fascio artificiale di neutrini di tipo “muonico” veniva realizzato al CERN e indirizzato al LNGS attraverso la crosta terrestre (trasparente ai neutrini come l’acqua di una piscina ad un fascio di luce), come previsto sin dall’inizio da Zichichi. Si voleva vedere se i neutrini si trasformavano in un tipo diverso, quello “tauonico”. E così si trovò essere con l’esperimento OPERA operante tra il 2006 e il 2012. Era una prova che i neutrini non hanno massa nulla, come invece assume la teoria corrente.

Attualmente il grande apparato BOREXINO misura lo spettro di energia dei neutrini prodotti, assieme all’energia che ci illumina, dal Sole, oltre a quelli prodotti dalla radioattività della nostra stessa Terra. Il problema, per questo e gli altri esperimenti, sono le tracce di nuclei radioattivi presenti ovunque, anche nei rivelatori stessi. La frontiera della conoscenza è spinta in avanti sviluppando tecniche per ridurre queste tracce di fattori enormi, fino a 18 ordini di grandezza. Ci sono voluti 15 anni di ricerca a BOREXINO per riuscirci.
Altri esperimenti cercano un decadimento nucleare rarissimo, con emivite attese milioni di miliardi più lunghe di quella dell’universo. È il decadimento beta doppio nella forma prevista teoricamente da Majorana nel 1937, cioè essere contemporaneamente materia e antimateria. Se ci fosse potrebbe spiegare perché nell’universo c’è (quasi) solo materia, e non antimateria. I due esperimenti principali sono GERDA, il più sensibile al mondo, e CUORE. Quest’ultimo, per schermare il rivelatore dalle radiazioni nucleari ambientali usa uno spessore di piombo. Ma il piombo stesso è sempre un po’ radioattivo; troppo per essere usato qui. Purificarlo costerebbe moltissimo se non si fosse trovato al largo della Sardegna un carico di una nave romana affondata. Rimasto al riparo dalla radiazione cosmica per due millenni, il piombo romano ha radioattività quasi nulla. Fu quindi stipulato un accordo tra INFN e la Soprintendenza Archeologica sarda per il recupero sia a scopi storici sia, per una frazione, per l’utilizzo negli esperimenti. Un esempio di come la ricerca di base possa avere, in maniera imprevedibile, effetti positivi su altri settori.
L’altro campo principale per il quale i LNGS ospitano gli esperimenti leader mondiali è la ricerca di “materia oscura”. Le osservazioni astronomiche hanno mostrato che la gran parte della materia dell’universo non è fatta delle particelle note, quali protoni, elettroni e neutrini, ma di particelle che non sappiamo cosa siano. Queste interagiscono pochissimo con la materia ordinaria, della quale i nostri rivelatori pur debbono esser fatti. Raramente una di queste può urtarne un nucleo e dargli un po’ di energia, che noi cerchiamo di rivelare. Ancora una volta con rivelatori di tonnellate di massa, estremamente purificati da tracce di nuclei radioattivi. L’esperimento più sensibile al mondo è al Gran Sasso, ed è chiamato XENON perché basato su un rivelatore di xenon liquido, nel quale si cerca di misurare l’energia del nucleo urtato trasferita allo xenon e che appare come luce e come ionizzazione. La via complementare in corso di sviluppo, DarkSide, usa invece argon. Questo ha dei vantaggi, ma anche un grosso problema dovuto alla presenza dell’isotopo 39 Ar prodotto dai raggi cosmici nell’aria (dalla quale l’argon viene distillato). L’idea per eliminarlo è di usare la distillazione a molti stadi, in forma innovativa, uno sopra l’altro, in una colonna di 350 m di altezza, col bollitore in basso, il condensatore in alto. Dove metterla senza costruire una torre Eiffel? La soluzione è stata un pozzo di una miniera nel Sulcis Iglesiente in via di dismissione come tale. Il progetto può portare ad un’attività di avanguardia in un’area che altrimenti potrebbe soffrire, anche perché la tecnica, se funziona come i test dimostrano dovrebbe, potrà produrre anche svariati isotopi di uso medicale (RMN, PET). È ora in corso in una collaborazione tra INFN, Regione Sardegna, Carbosulcis e diverse istituzioni scientifiche.
Ho qui accennato solo ad alcuni degli esperimenti del laboratorio. Altri riguardano l’astrofisica nucleare e l’età dell’universo, la geologia con la sismica in sotterraneo, la biologia, ad esempio la vita in condizioni di radioattività naturale molto inferiore alla superficie. Risultati di eccellenza mondiale sono stati ottenuti, e si stanno producendo, in un programma di esperimenti in un’evoluzione temporale che continuerà, rinnovandosi, in un lungo futuro.