Discorso Inaugurale del Presidente Niccolò Abriani (PDF)
Care Amiche e Amici,
a tutte e a tutti voi molti auguri di un buon nuovo anno rotariano: un anno per il quale il nostro Presidente internazionale, Gordon R. Mclnally, ci addita come tema “Creare speranza nel mondo”; e nell’Action Plan pone al centro di questo obiettivo due temi delicatissimi e cruciali, la pace e la salute mentale.
La pace come il terreno dove si radica la speranza. E creare speranza nel mondo è un auspicio e un impegno quanto mai attuali, rivolti non solo ai bisogni materiali ma anche alle sfide che minacciano il nostro benessere spirituale. Tutto questo è ben rappresentato dalle evoluzioni colorate del logo di quest’anno rotariano, che nascono da una conchiglia e dai colori di un pittore contemporaneo (Jolomo). La sintesi grafica è un abbraccio: “Un moto di attenzione verso il prossimo e le sue necessità, che accoglie e include, creando legami solidi e duraturi”.
Il Rotary offre una grande opportunità: in un mondo liquido e incerto, è un solido riferimento per coniugare cultura e amicizia, ritrovandosi in una socialità positiva, propositiva e arricchente; e con i service offre la possibilità di avere un piccolo ma significativo impatto nel mondo a noi vicino.
In amicizia e con gentilezza: “amicizia e gentilezza” è l’endiadi che vorrei connotasse questo anno rotariano per consentirci di dare al meglio il nostro contributo a creare speranza.
2. Le rapide riflessioni che vorrei condividere con voi prima di presentare la squadra e il programma si ricollegano idealmente a tre discorsi di nostri ospiti che mi hanno particolarmente colpito: in ordine di tempo, Padre Bernardo a dicembre, Franco Vaccari a febbraio e Dario Nardella alla Distrettuale sull’amicizia dello scorso aprile.
A Padre Bernardo si deve il richiamo – ma anche il riconoscimento - del Rotary come un capitolo di un possibile nuovo umanesimo; e in particolare il Rotary di Firenze come un tassello nella riassunzione di questa categoria culturale fondamentale e allo stesso tempo, per la nostra città, anche identitaria del nostro essere fiorentini per nascita o per accoglienza. Consideriamo la nostra semenza. Oggi si parla di “specismo” per indicare il proprium della specie umana rispetto alle macchine, ma si tratta esattamente della “semenza” dantesca: un’espressione che richiama il concetto di “dignità” dell’uomo, che è al centro dell’umanesimo dalla sua genesi nella Firenze del Quattrocento sino alle enunciazioni scolpite negli atti fondativi del Rotary, nella Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e nei principi fondamentali della nostra Costituzione e dei Trattati europei. Nella frenesia del risultato immediato, della prestazione, delle nostre rincorse quotidiane, si rischia di dimenticare che la dignità va coltivata e confermata anche nella celebrazione dell’arte dello stare insieme, nel confronto in amicizia, nel dialogo, che è dia-lógos, le mani che si stringono, al nostro interno, le proposte che convergono in progetti di service verso l’esterno.
3. Qui al Rotary ci prendiamo letteralmente per mano: un’espressione comune – ma non per questo meno bella – per indicare una solidarietà che segna il passaggio dall’ “io” autoreferenziale al “noi” solidale. Il nostro presidente internazionale saprebbe qui evocare l’atmosfera sapienziale antica (l’Ecclesiaste: “meglio essere in due che uno solo: se cadono, l’uno rialza l’altro”); io vorrei richiamare le parole di due filosofi, che ci hanno lasciati all’inizio del 2021, entrambi vittime del Covid, in quelle ultime terribili settimane in cui ancora attendevamo di poter essere vaccinati.
Innanzi tutto un pensiero alla filosofa fiorentina, cara amica, Elena Pulcini che, nel suo libro “La cura del mondo”, ci ricordava che “Il futuro […] è già presente perché siamo noi stessi che lo facciamo, qui e ora, attraverso gli effetti a lungo termine del nostro agire”. Scriveva Elena che, in questo nuovo millennio, la “responsabilità” è “responsabilità per”, secondo una “logica relazionale e asimmetrica che privilegia l’attenzione per l’altro”: un prendersi cura inteso “non solo come attenzione verso le singole persone in stato di bisogno o verso persone a cui siamo legati da una condizione di prossimità, ma anche come capacità di proteggere e conservare l’intero mondo vivente e di prestare attenzione a coloro ai quali, pur in assenza di una prossimità spaziale e affettiva, siamo comunque indissolubilmente vincolati, in virtù dell’interdipendenza globale”. E il pensiero corre immediatamente al respiro internazionale del Rotary e all’attenzione da sempre rivolta ai temi globali, dalla salute all’ambiente alla pace.
La seconda citazione è del filosofo francese Jean-Luc Nancy che ci ammoniva ad affiancare alla troppo ricorrente affermazione Ego sum (“io sono”) un più virtuoso Ego cum, “io sono con”. Aggiungerei, nel solco di Elena Pulcini, Ego pro: il Rotary è un modo privilegiato per “essere con” e, al contempo, “essere per” nella prospettiva del noi solidale e del ruolo sociale dell’associazionismo filantropico.
Un percorso da coltivare con quella gentilezza che per Goethe « è la catena che tiene legati gli uomini». Quel legame che orienta lo sguardo e l’azione dei «giusti», come li chiama Borges in una sua poesia. I «giusti»: uomini e donne che, facendo propri i valori collegati alla gentilezza, generano un significativo e positivo impatto sociale, resistendo alla cattiva politica e ponendo argine alla cattiva cittadinanza.
Una convinzione che attraversa anche i “Racconti di Sebastopoli” di Tolstoj: protagonisti sono i gesti di gentilezza che si scambiano appartenenti a fazioni diverse, che dovrebbero teoricamente odiarsi.
E qui il pensiero va al discorso di Franco Vaccari e alla straordinaria esperienza della Rondine, dove convivono nella stessa stanza ragazzi israeliani e palestinesi, ceceni e russi, russi e ucraini. Centro Rondine che andremo a visitare il prossimo 23 o 24 febbraio. Due date non casuali e idealmente agli antipodi: il 23 febbraio è la data di fondazione del Rotary a Chicago nel 1905; il 24 febbraio invece segna la ricorrenza dei due anni dall’aggressione dell’Ucraina.
E l’auspicio, condiviso con Sara ed Edoardo, è di fare questa visita insieme al Rotaract e all’Interact. Una priorità assoluta che intenderei assegnare a questo anno rotariano è quella di valorizzare la straordinaria opportunità di dialogo intergenerazionale all’interno del nostro Club e con i più giovani amici soci del Rotaract e dell’Interact. Un dialogo tanto più importante oggi: credo infatti che questo sia il tempo della storia in cui, come non mai, abbiamo la necessità di mettere a fattor comune i saperi, le competenze e le generazioni. Mai come adesso i digitali hanno bisogno degli analogici e gli analogici dei digitali; mai come adesso abbiamo bisogno di scienza e di sapienza, mai come adesso abbiamo bisogno di futuro (di “infuturarsi”) e di radici. E’ la prima volta nella storia in cui la conoscenza è in gran parte appannaggio di chi è più giovane rispetto a chi è meno giovane (più vecchio), con una differenza sostanziale, però: che chi è più giovane non ha vissuto quel tanto di vita che permetta di definire gli obiettivi della sua conoscenza, di capire che cosa farne di quello che sa. Questa è una chance, credo, storicamente straordinaria: di smettere di pensare che c’è una generazione che ha capito e l’altra che insegue e mettersi invece a ragionare con una circolarità virtuosa di saperi e di esperienze che rimettano l’essere umano al centro.
Ed è attraverso questo dialogo tra generazioni che potremo mettere meglio a fuoco gli obiettivi per creare speranza nel mondo. In un mondo che mostra sempre di più i segni di una agguerrita conflittualità, la gentilezza si propone come ingrediente essenziale. Proprio come suggeriscono l’etimologia e la storia della parola. “Gentilezza” deriva dal latino gens, termine col quale venivano indicate le famiglie nobili (come la Gens Aemilia, la Gens Iulia). E se da tempo si è stabilizzata l’idea che la vera «nobiltà» non è data dalle origini, il Rotary dimostra che è l’ethos della gentilezza a fare la differenza nelle relazioni e a disegnare l’identikit di una persona civile, di una persona leale.
4. Dalla gentilezza alla lealtà, dalla lealtà all’amicizia.
Nel suo bel saluto all’incontro distrettuale sull’amicizia a Palazzo Vecchio, Dario Nardella richiamava Aristotele, per il quale la philìa è non solo il cemento della polis, perché senza amicizia non si dà vera comunità politica, ma anche «la messa in pratica della felicità»: solo grazie all’esperienza dell’amicizia, che permette di sentirsi davvero vivi e presenti nel mondo, possiamo avvicinare quell’armonia delle passioni e dei pensieri che i greci definivano eudaimonía, appunto felicità.
In questa prospettiva si tratta di riscoprire insieme – e preservare – il valore autentico dell’amicizia, fatta di solidarietà, affabilità, rispetto, tolleranza, e fondata sull’ascolto, sulla scelta di mettersi insieme per il bene comune. Tutti avvertiamo quanto sia importante, ma anche impegnativo, coltivare la vera amicizia in un tempo nel quale l’ “amicizia” è diventata sinonimo di contatto stabilito in rete, una sequenza di like a buon mercato. Un consumismo digitale che, come ha denunciato Papa Francesco, cerca di “riempire il vuoto dei rapporti umani con merci sempre più sofisticate – le solitudini sono un grande affare nel nostro tempo! –, ma così genera una carestia di felicità”. E noi tutti siamo cercatori di senso. Ecco perché – mi permetto di concludere citando ancora Papa Francesco – “il primo capitale di ogni società è quello spirituale, perché ci dà le ragioni per alzarci ogni giorno e andare al lavoro, e genera quella gioia di vivere necessaria anche all’economia”.
Se oggi in ogni discorso non si può non evocare la “sostenibilità”, ricordiamoci che c’è vera sostenibilità solo dove c’è cura del pianeta, del creato, del sociale e delle relazioni. Ed è verso questa sostenibilità che siamo chiamati a confermare e rinnovare la più alta ispirazione filantropica del Rotary, e del nostro Club facendo tesoro di una storia lungimirante e ultracentenaria che continua a guardare avanti. Tra venti mesi, nel breve volgere di due settimane, celebreremo il 23 febbraio i centoventi anni del Rotary e il 7 marzo il centenario del nostro Club.
Ancora buon anno rotariano a tutte e a tutti.
Niccolò Abriani
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