“Mundus Furiousus” incontro al Club con il Prof. Giulio Tremonti

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Mundus furiosus: così si chiamava l'Europa nel Cinquecento, dopo la scoperta delle Americhe e l'avvento rivoluzionario degli sterminati «spazi atlantici». Di nuovo furiosus è il mondo di oggi: dalla crisi della finanza alle migrazioni di massa, dalle macchine digitali che distruggono il ceto medio rubandogli il lavoro alle nuove guerre «coloniali », dalla rete che, nonostante le apparenze, erode le basi della democrazia e della gerarchia trasformandole in anarchia ai nuovi emergenti tribuni politici. È stato il solito, intrigante, profetico Giulio Tremonti che lunedì 21 maggio ha intrattenuto una foltissima platea di soci e ospiti del Rotary Firenze a Palazzo Borghese. Il Tremonti di “con la cultura non si mangia”, la sua frase che più ha suscitato polemiche a livello politico, ricordata dal presidente, il professor Francesco Martelli, e a cui l’ex ministro, docente, scrittore e conferenziere ha preferito in sostanza non dare seguito. Un curriculum impressionante quello di Tremonti, docente all’università di Pavia, presidente di Aspen Italia, e per lunghi anni nella cabina di regia della economia nazionale. Nessun riferimento diretto alla situazione odierna, come era prevedibile, ma anche una sottintesa diffidenza verso una classe dirigente che si affaccia solo ora sul palcoscenico romano. Il pessimismo della ragione, del resto, è stato ed è il connotato guida del pensiero di Tremonti. A cominciare dall’Europa. Quella sognata a Ventotene, quella nata a Roma con il trattato con cui gli Stati si spogliavano di alcuni poteri per conferirli in comune, e infine Maastricht, l’Europa sovranazionale e onnipotente che agli Stati concede spazi sempre più stretti, limitati. Ed è questa Europa che si trova ad affrontare la fine della globalizzazione, il sogno del mercato che tutto può e tutto decide; un sogno infranto di fronte alle migrazioni di massa, epocali, alla crisi di sistema che ha investito l’economia e la finanza mondiale. Tremonti ha ricordato come il trattato per il commercio mondiale allargato poi alla Cina abbia rivoluzionato i meccanismi di produzione, ponendo sullo stesso piano paesi privi di tutele sindacali, con un mondo occidentale scandito da regole precise e stringenti. I dazi, insomma, non sono necessariamente una barriera. Ma anche un elemento di riequilibrio dei mercati come sta avvenendo tra Pechino e Washington. Il futuro? Incerto per Tremonti. Tra paura e speranza, tra il mundus furiosus che da fuori e da dentro si sta sviluppando in Europa, e di qui in Italia, e il forse ancora possibile prevalere dell'ordine sul disordine, e della ragione sulla follia. Gabriele Canè